Una notizia che cambia tutto

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Ne senti parlare. Senti storie di altre persone. Per empatia ti immedesimi e ti chiedi come deve essere. Ti chiedi cosa queste persone hanno provato. Dopo un primo momento di disagio, scrolli le spalle e, vedendo la cosa lontana da te, pensi: "A me non capiterà". Questo è quello che ho pensato io mille e mille volte sentendo parlare di malattie terribili come tumori, malattie autoimmuni e altre cose che non auguro a nessuno. Beh, 5 anni fa succede a me. Arriva una diagnosi. Il medico non sapeva come dirmelo. Sclerosi multipla.   Mi casca il mondo addosso in appena 10 secondi.  La mia testa inizia a cercare scappatoie e possibili soluzioni. Un modo per dimostrare che il medico si è sbagliato, insomma queste cose non possono capitare a me. Nessuna scappatoia. Nessun errore. Solo la consapevolezza che.. sì, stavolta tocca a me. Inizio a prendermela con il mondo e con le persone che ho accanto e che mi vogliono bene e che, di certo, non hanno colpa per quello che mi è accadut...

Tu, oggi, sei dove vorresti essere?




La comfort zone è quel posto sicuro dove tutto è prevedibile, conosciuto, sotto controllo. È fatta di abitudini che ci rassicurano, di ruoli che conosciamo bene, di routine che non ci mettono troppo alla prova. Non c’è nulla di sbagliato nel volerci stare. Anzi, a volte serve. Serve per ricaricare, per respirare, per sentirsi stabili. 


Ma il punto è che se ci resti troppo a lungo, inizi a confondere la tranquillità con l'immobilità. E spesso dietro quella calma apparente si nasconde una sottile insoddisfazione.

E va detto chiaramente: non è obbligatorio uscirne. C’è chi dentro la propria comfort zone ci sta bene davvero, e non per paura, ma per scelta consapevole. Perché quel rifugio dà equilibrio, rassicura, permette di vivere in serenità. E va benissimo così. Non siamo tutti chiamati a spingerci oltre, sempre e comunque.


A volte la comfort zone è anche una persona, una relazione, un contesto che conosci bene e che — pur non rendendoti davvero felice — ti dà l’illusione di sicurezza.  un intero mondo costruito attorno a equilibri delicati: una casa, una relazione, un ruolo sociale. Non sempre è un posto sereno, ma spesso è il massimo che una persona sente di poter sostenere in quel momento. Ci sono momenti in cui il cambiamento sembra vicino, a portata di mano, ma poi arriva il punto in cui bisogna scegliere davvero. E non sempre si ha la forza di farlo. 

Restare nella comfort zone può significare evitare uno sforzo emotivo troppo grande, convivere con dinamiche complesse, relazioni instabili o strutture familiari e sociali difficili da scardinare. 

A volte, tutto ciò che sta “fuori” richiederebbe troppo: trasformazioni profonde, rotture, verità scomode. E allora si resta dove si è, anche se non è esattamente dove si vorrebbe essere.

Ci sono persone che, pur essendo realizzate in altri ambiti — come il lavoro, dove riescono a esprimere al meglio le proprie capacità — decidono comunque di restare in quella zona di apparente equilibrio. Perché lì tutto è conosciuto, prevedibile, e quindi più gestibile.

 

Non è debolezza, non sempre. A volte è una strategia di sopravvivenza. È il modo che una persona trova per tenere insieme i pezzi, almeno finché non si sente pronta, o finché non vede un’alternativa possibile.

Ecco perché non è obbligatorio uscire dalla comfort zone. Non tutti ne hanno bisogno, e non tutti lo vogliono. 

L'importante è essere onesti con sé stessi: capire se quella zona ci protegge o ci imprigiona. 

E ricordare che restare è comunque una scelta.


Il punto nasce quando quella zona sicura comincia a stare stretta. Quando ti accorgi che più che proteggerti, ti limita. Quando senti che potresti, vorresti, ma qualcosa ti blocca. È lì che vale la pena provare. Non per dimostrare qualcosa, ma per capire chi sei diventato nel frattempo.

Uscire dalla comfort zone non significa buttarsi nel vuoto o stravolgere la propria vita da un giorno all’altro. 

Significa accettare di mettersi alla prova. Anche solo un po'. Di scegliere, ogni tanto, la strada che fa un po’ più paura. Quella che ti chiede qualcosa in più. Di iscriverti a un corso che ti incuriosisce ma ti mette in soggezione, di dire “sì” a un progetto che non sai ancora se sarai in grado di gestire, di cambiare ambiente quando senti che quello in cui stai non ti rispecchia più.

La verità è che fuori dalla comfort zone non c’è sempre il successo. A volte c’è il fallimento, la frustrazione, il dubbio. Ma c’è anche la crescita. La scoperta di risorse che non pensavi di avere. La possibilità di vederti in una luce nuova. Di cambiare idea su di te. E anche sugli altri.


Molte persone pensano che bisogna 'uscire dalla comfort zone' per diventare la versione migliore di sé. Io credo sia più semplice (e forse più vero) dire che uscire dalla comfort zone ti permette di scoprire com’è essere la persona che vuoi diventare. Perché finché resti fermo, non puoi davvero saperlo.


Non si tratta di vivere in perenne tensione, di inseguire sempre nuove sfide o di essere costantemente “produttivi”. Ma di ascoltarsi onestamente: mi sto accontentando perché sto bene così, o perché ho paura di vedere cosa succede se cambio qualcosa? È una domanda scomoda, ma spesso necessaria.


Uscire dalla comfort zone può significare anche solo fare una cosa diversa oggi. Parlare con qualcuno che non conosci. Cambiare percorso per andare al lavoro. Provare un’attività nuova. Scrivere un pensiero che non hai mai detto a voce. Non serve strafare. Serve iniziare.


E se oggi ti senti bloccato, non colpevolizzarti. Tutti ci siamo stati. A volte ci si torna. Ma quando riesci a fare anche solo quel piccolo passo in più, il mondo si allarga. Tu ti allarghi. E smetti di essere spettatore delle tue giornate.


Immagina tre cerchi concentrici. Al centro c’è la tua comfort zone: il luogo sicuro, dove tutto è noto, dove senti di avere il controllo. Subito fuori c’è un secondo cerchio: quello delle sfide gestibili, delle novità moderate, delle piccole esperienze che ti mettono alla prova senza farti perdere l’equilibrio. E poi, infine, c’è il cerchio più esterno: quello vasto, affascinante, ma anche sconosciuto e potenzialmente destabilizzante.


Molti pensano che crescere significhi fare un balzo dalla comfort zone direttamente nel cerchio più esterno. Ma non è così semplice, e non sempre è sano. Se provi a saltare tutto d’un colpo, rischi di perdere l’orientamento. Quel salto può essere troppo grande, troppo rapido. Può generare ansia, stress, disorientamento. E il pericolo è non riuscire più a tornare indietro, o doverlo fare stremati.


Il cerchio intermedio, invece, è uno spazio prezioso. È lì che si costruisce davvero il cambiamento. È quella zona in cui a volte ti affacci, poi rientri. Ci saltelli dentro e fuori, ascoltando le tue reazioni, misurando i tuoi limiti. È lì che impari a conoscerti meglio, che inizi a fidarti delle tue risorse. Che ti espandi, un po’ alla volta.

Ecco perché non si tratta di lanciarsi nel vuoto, ma di esplorare con gradualità. Di prendersi il tempo per attraversare quel secondo cerchio con consapevolezza, senza bruciare le tappe. Perché uscire dalla comfort zone non deve diventare un trauma. Deve essere un'esperienza che ti arricchisce, non che ti consuma.


Prendiamo un esempio semplice: parlare con qualcuno che non conosci. Può sembrare banale, ma per molti non lo è affatto. Magari sei a un evento, in palestra, in fila al bar. Hai voglia di dire qualcosa, di rompere il ghiaccio, ma qualcosa ti frena. Ti fai mille domande: “E se mi guarda male?”, “E se dico una sciocchezza?”, “E se sto disturbando?”. E così resti in silenzio. Ancora una volta.


Eppure, in quel momento, uscire dalla comfort zone significherebbe semplicemente pronunciare due parole. Non un gesto rivoluzionario, ma un piccolo scarto. Un tentativo. Forse quella persona ti risponde con gentilezza, magari nasce una conversazione piacevole, magari no. Ma intanto ti sei mosso. Hai rotto quel piccolo schema che ti tiene al sicuro ma anche un po’ chiuso.


Non tutte le volte succede qualcosa di straordinario. Ma ogni volta che osi un po’ di più, guadagni qualcosa: fiducia, presenza, consapevolezza. E piano piano, quei piccoli gesti cambiano la percezione che hai di te. Ti accorgi che puoi. Che sei capace. Che non tutto va pianificato al millimetro.

Uscire dalla comfort zone, in fondo, è anche questo: lasciare che le cose succedano, invece di controllarle tutte. Aprirti alla possibilità che qualcosa di nuovo entri nella tua giornata. E sì, a volte fa paura. Ma spesso vale la pena provarci.


e tu, oggi, sei dove vorresti essere?

Preferisci stare comodo nel conosciuto a uscire all'avventura?

Scrivilo nei commenti, siamo curiosi di leggere la tua esperienza

Movat!!


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